sabato 13 settembre 2008

Desila.



Il cortile è grande.
Molto grande.
E' tutto pieno. Ci sono bambini dappertutto.
Si tira su i calzini. Hanno l'elastico molle e continuano a scivolare. Sono bianchi, a costine fini fini, e ha anche i sandali nuovi. Di plastica rosa con i brillantini.
La cartella invece è di suo cugino.
Rossa.
Ci sono le macchine da corsa sopra. Non le piaceva un granché. E' anche un po' scritta sopra una delle tasche.
Ci sono delle signore che chiamano adesso. Dicono delle cose a voce alta da una porta in cima a tre gradini. Non sa cosa dicono però. Guarda la bocca di quella alta e bionda. Si muove tonda e poi si allunga, e ne esce fuori quella voce che sembra una musica.
Una signora adesso le ha messo una mano sulla spalla e la spinge avanti. Anche lei le dice qualcosa. Desila resta a guardare quella faccia lunga che le sorride e dice quella strana musica. Ha i capelli rossi. Come i pomodori. Ha per mano un bambino coi capelli neri, questa signora. Lui ha la cartella nuova, coi ganci che scintillano come quelle lucette che stanno sopra i paracarri sul bordo della strada.
La signora con la faccia lunga e i capelli rossi la spinge verso quelle altre tre signore in cima alle scale. Ma Desila non è sicura che quello sia il posto giusto dove andare. La mamma non le ha spiegato. L'ha accompagnata sul cancello quando era ancora chiuso, e le ha detto di andare in prima classe. Poi è andata via di corsa. Lei lavora al bar. Torna a casa solo la sera.
La signora la spinge, ma lei non è sicura. Cerca di piantare le gambe per terra.
La signora spinge un po', e le parla. Sorride.
Poi la lascia lì. Va su per le scalette col bambino per mano, e sparisce dentro.
Anche le altre mamme entrano. Anche i bambini.
Suona un campanello. Forte. Desila guarda in su, ma non lo vede. Deve essere nascosto dentro il muro.
Non ci sono più bambini in cortile adesso. Neanche mamme.
Non sa cosa fare.
Tira su i calzini.
Si gira. Cammina piano piano. Mette il piede davanti alla punta dell'altro piede. Come camminare sopra una riga. Deve farlo senza perdere l'equilibrio. Allarga le braccia.
Il cancello è di ferro. Altissimo. Nero. Luccica come se dentro ci fossero dei granellini di brillanti.
Fuori c'è il marciapiede. Passano persone. Per la strada ci sono le macchine.
Sta lì un po'. Non sa cosa fare.
C'è una specie di casetta verniciata di verde, lì a destra. Con le vetrine, e fuori ci sono vasi verdi con dentro fiori. C'è un odore forte che viene da lì.
Si decide. Mette un piede fuori dal cancello. Poi l'altro.
Va a destra.
I fiori sono bellissimi. Ce ne sono di bianchi che sono grandi come la sua faccia. Desila si piega avanti a annusare. Hanno un odore così forte che sembra che vada giù per la pancia. Hanno dentro dei fili gialli con una polvere arancione in cima. Desila la tocca. Il dito si sporca.
C'è un bidone di ferro vicino alla casetta verde. E' fatto come di rete, e dentro c'è un grande sacco di plastica nero.
Desila prende il manico. E' alto. Come lei.
Lo spinge su. Il coperchio di alza un po'.
L'odore è molto forte lì dentro. Sa un po' di quel fiore bianco, ma sa anche come quando la mamma butta via la verdura perché non è più buona.
Si alza sulle punte. Si sporge in avanti.
C'è un mucchio di foglie verdi dentro. E sopra due fiori rossi.
Allunga la mano. Li prende.
Sono bellissimi. Hanno il gambo rotto, ma i petali sono tutti arricciati e fitti fitti uno addosso all'altro, col bordo fatto come la sega che il papà teneva appesa al chiodo in Albania.
Profumano fortissimo. Come il pepe.
Buono.
Desila sorride. Chiude il bidone.
Non sa dove metterli. In cartella ha paura che si sciupino.
Decide di tenerli in mano.

2 commenti:

Antonio Candeliere ha detto...

bel blog

Fiorenza ha detto...

Grazie mille Antonio. Benvenuto, mi fara molto piacere conoscere la tua opinione ogni volta che ne avrai voglia.
Buona vita
Fiorenza