giovedì 25 settembre 2008

Viaggiare.

fotografia TrainZItaliaFoto

Quest'aria tiepida morbida di nuvole miti. Questo quieto odor di fango che a folate arriva dalla terra bagnata. Quest'erba arruffata che spunta dai sassi della breccia fra le traversine delle rotaie. Placido disordine di casa, palazzi di periferia che pure hanno l'aria abitata, biciclette incatenate ai recinti di cemento, merli e passeri che razzolano fra i sassi.


Questo è un buon posto. Non so perché, questo è un buon posto.
Forse perché viaggio piano e mi lascio portare dalle ruote rapide senza fare opposizione, senza cercare nulla né rimpiangere nulla.
Forse perché il cappuccino e la brioche nel bar erano buoni e poco cari. Forse perché questa panchina sul binario è comoda e confortevole, circonfusa da un'aria di casa.
Il mondo è la mia casa oggi. Il cielo largo con le nuvole che a tratti si diradano e si schiariscono ha un'aria di libera quiete buona.


Non so perché i treni mi piacciono tanto. Quando sono seduta su questi sedili vecchi di plastica dai colori chiassosi e guardo fuori le cose che corrono e il cielo largo nell'aria di sciroppo mite mi sento a casa. So che arriverò prima o dopo, come su un vecchio mulo sicuro che conosce la strada. Non soffro impazienza, e ogni momento mi sembra un momento regalato. Un momento in cui vivere è l'unica possibile sensata motivazione.
Mi sento a casa. Un benessere tranquillo di possesso appagato, e possesso non c'è.
E' buffo. Tutto quel che al mondo si può avere è qui. Nella vicinanza fortuita di persone che fanno la tua stessa strada e mostrano il loro modo di farla. Mucchi di bagagli sulle spalle, occhi arrossati. La stessa lenta pazienza che mi possiede. La stessa pace senza domande che fa desiderare di non far nient'altro che sedersi qui, su questa vecchia plastica, e vivere.

martedì 23 settembre 2008

Abate e Franchi: in uscita i nuovi libri


Sono in uscita i nuovi libri di Carmine Abate e di Gianfranco Franchi .
Abate ci propone "Gli anni veloci", ed. Mondadori, un testo che ha il sapore del romanzo di formazione: Nicola e Anna, due adolescenti di Crotone, percorrono un mondo in trasformazione, in un affresco che spazia dagli anni Settanta ai giorni nostri, col sottofondo della musica di Lucio Battisti e Rino Gaetano.
Cito dalla quarta di copertina:
"In questo romanzo pieno di passioni Carmine Abate compie la scelta coraggiosa di accostare ai ciottoli aguzzi del dialetto quelli lisci e tondi delle parole delle canzoni. Ne nasce una lingua saporita che, intrecciando i destini dei protagonisti con quelli di due grandi cantautori italiani, ci racconta una storia intensa come il sole d’estate e delicata come una canzone d’autore."

Gianfranco Franchi esce invece con l'attesa silloge di poesie che raccoglie tutte le opere poetiche da lui composte nell'arco di dodici anni.
Cito dalla prefazione di Karlsen e Fressura:
«Gianfranco Franchi nasce poeta e tuttavia qui, nell’Inadempienza, come scrittore di poesie volontariamente muore. Il lettore infatti è davanti a una raccolta che si prefigge di risultare conclusiva. Quasi un atto postumo compiuto in vita. Eppure Franchi è nato, è, e malgrado lui stesso continuerà a essere poeta, perché ha sempre inteso la letteratura come ricerca, frastagliata e coerente a un tempo, rivolta all’interiore e all’esteriore, e come luogo di massima adesione alla vita. (…) Non c’è personaggio della modernità letteraria italiana che assomigli al triestino Franchi più del triestinissimo Slataper (…) Ma Slataper non è la sola suggestione delle origini che è possibile captare nel testo, se è vero che prima o poi dovremo pur affrontare la questione dell’espressionismo della lirica franchiana — ciò che non può fare a meno di rimandare più che al “solito” Campana alla visionaria vena di Srečko Kosovel: lo sloveno del Carso che è stato uno dei grandi cantori della novecentesca autodistruzione europea, prima che la sua voce così immaginifica si spegnesse ancora giovanissima». (Marco Fressura e Patrick Karlsen)


Vivere in cerca di orientamento;
altrimenti sprofondare
nel non senso.
Che non ho.
Io non è.
Niente.
(Gianfranco Franchi)

Vi auguro buona lettura, mentre mi immergo a mia volta nelle pagine...

sabato 13 settembre 2008

Desila.



Il cortile è grande.
Molto grande.
E' tutto pieno. Ci sono bambini dappertutto.
Si tira su i calzini. Hanno l'elastico molle e continuano a scivolare. Sono bianchi, a costine fini fini, e ha anche i sandali nuovi. Di plastica rosa con i brillantini.
La cartella invece è di suo cugino.
Rossa.
Ci sono le macchine da corsa sopra. Non le piaceva un granché. E' anche un po' scritta sopra una delle tasche.
Ci sono delle signore che chiamano adesso. Dicono delle cose a voce alta da una porta in cima a tre gradini. Non sa cosa dicono però. Guarda la bocca di quella alta e bionda. Si muove tonda e poi si allunga, e ne esce fuori quella voce che sembra una musica.
Una signora adesso le ha messo una mano sulla spalla e la spinge avanti. Anche lei le dice qualcosa. Desila resta a guardare quella faccia lunga che le sorride e dice quella strana musica. Ha i capelli rossi. Come i pomodori. Ha per mano un bambino coi capelli neri, questa signora. Lui ha la cartella nuova, coi ganci che scintillano come quelle lucette che stanno sopra i paracarri sul bordo della strada.
La signora con la faccia lunga e i capelli rossi la spinge verso quelle altre tre signore in cima alle scale. Ma Desila non è sicura che quello sia il posto giusto dove andare. La mamma non le ha spiegato. L'ha accompagnata sul cancello quando era ancora chiuso, e le ha detto di andare in prima classe. Poi è andata via di corsa. Lei lavora al bar. Torna a casa solo la sera.
La signora la spinge, ma lei non è sicura. Cerca di piantare le gambe per terra.
La signora spinge un po', e le parla. Sorride.
Poi la lascia lì. Va su per le scalette col bambino per mano, e sparisce dentro.
Anche le altre mamme entrano. Anche i bambini.
Suona un campanello. Forte. Desila guarda in su, ma non lo vede. Deve essere nascosto dentro il muro.
Non ci sono più bambini in cortile adesso. Neanche mamme.
Non sa cosa fare.
Tira su i calzini.
Si gira. Cammina piano piano. Mette il piede davanti alla punta dell'altro piede. Come camminare sopra una riga. Deve farlo senza perdere l'equilibrio. Allarga le braccia.
Il cancello è di ferro. Altissimo. Nero. Luccica come se dentro ci fossero dei granellini di brillanti.
Fuori c'è il marciapiede. Passano persone. Per la strada ci sono le macchine.
Sta lì un po'. Non sa cosa fare.
C'è una specie di casetta verniciata di verde, lì a destra. Con le vetrine, e fuori ci sono vasi verdi con dentro fiori. C'è un odore forte che viene da lì.
Si decide. Mette un piede fuori dal cancello. Poi l'altro.
Va a destra.
I fiori sono bellissimi. Ce ne sono di bianchi che sono grandi come la sua faccia. Desila si piega avanti a annusare. Hanno un odore così forte che sembra che vada giù per la pancia. Hanno dentro dei fili gialli con una polvere arancione in cima. Desila la tocca. Il dito si sporca.
C'è un bidone di ferro vicino alla casetta verde. E' fatto come di rete, e dentro c'è un grande sacco di plastica nero.
Desila prende il manico. E' alto. Come lei.
Lo spinge su. Il coperchio di alza un po'.
L'odore è molto forte lì dentro. Sa un po' di quel fiore bianco, ma sa anche come quando la mamma butta via la verdura perché non è più buona.
Si alza sulle punte. Si sporge in avanti.
C'è un mucchio di foglie verdi dentro. E sopra due fiori rossi.
Allunga la mano. Li prende.
Sono bellissimi. Hanno il gambo rotto, ma i petali sono tutti arricciati e fitti fitti uno addosso all'altro, col bordo fatto come la sega che il papà teneva appesa al chiodo in Albania.
Profumano fortissimo. Come il pepe.
Buono.
Desila sorride. Chiude il bidone.
Non sa dove metterli. In cartella ha paura che si sciupino.
Decide di tenerli in mano.

mercoledì 10 settembre 2008

Caucaso, di Piera Graffer

In questi giorni travagliai per la gente del Caucaso, vale la pena di andarsi a scovare questa piccola perla sconosciuta. Il libro di Piera Graffer "Caucaso. Il paradiso perduto" è uscito nel 2000 per i tipi dell'editore LoGisma di Firenze. Nonostante abbia vinto svariati premi, è rimasto più o meno ignorato, come quasi sempre accade ai buoni testi di piccoli editori, che devono lottare contro una distribuzione che li penalizza, e contro l'ipertrofia del mercato editoriale, che pubblica migliaia di titoli all'anno destinati a rimanere sugli scaffali per tre-quattro mesi, per poi scomparire.

Il libro narra le vicende di un piccolo gruppo di esseri umani, legati fra di loro dai vincoli profondissimi del sangue e dell'affetto, anche se etnia e religione li vorrebbero nemici. Col pretesto di far loro compiere il Grand Tour del Caucaso, come erano solite fare, almeno una volta nella vita, le famiglie altolocate di inizio Novecento, Piera Graffer ci mostra abissi e scintillii di questa straordinaria porzione di pianeta, prima ancora che la tempesta del Secolo Breve ne spazzasse via intere etnie e tradizioni millenarie.

Qui si incontrano tutte le religioni del mondo, ebrei, cristiani, mussulmani, seguaci di Zoroastro; qui hanno messo piede e si sono combattuti tutti i più antichi conquistatori della terra. Qui è naufragata l'Arca di Noè dopo i quaranta giorni di diluvio, qui sgorga il petrolio per cui si combatteranno le guerre future. Qui è nato comunismo, trainato da Soso Giugashvili di Baku, detto Stalin; e qui il comunismo è morto, dopo decenni di dominio su metà del mondo.

Quel che la Graffer ci tesse è un affresco sontuoso, tutto luccicante dei fili d'oro del mito, e buio di guerre e sterminii che risalgono alla notte dei tempi.

Tornerò su questo piccolo tesoro dimenticato. Mi piacerebbe intervistare l'autrice, se mi riuscirà di rintracciarla. Comunque, troverò il modo di parlarne dedicando il tempo e l'attenzione che si merita.

martedì 9 settembre 2008

Cesare Pavese nel centenario della nascita: se ne parla su Letteratitudine



Oggi c'è un interessante post su Pavese nel blog letterario di Massimo Maugeri.


Vale la pena di leggere i tre articoli proposti, e, per chi ne abbia voglia, anche di intervenire nel dibattito in corso.


Buona lettura.

Nuovo libro di Barbara Gozzi

E' in uscita per fine settembre il racconto lungo "La questione di Jekyll e Hide", ed. Il Foglio Letterario, della scrittrice e critica Barbara Gozzi.
Chi ha voglia di conoscere la genesi del testo, può dare un'occhiata a questo post, sul suo blog Frammentando.
Buona lettura.

venerdì 5 settembre 2008

Settembre. Buon autunno.

Mentre settembre ci regala una coda morbida d'estate, vi segnalo la nascita di un nuovo blog, la luna dentro il secchio. E poi vi estendo l'invito che mi ha inviato la poetessa Patrizia Garofalo:


Venerdì 19 settembre, ore 16.30
Sala G. Agnelli della Biblioteca Comunale Ariostea
Via Scienze, 17 - Ferrara


A proposito di Cuba
Patrizia Garofalo dialoga con Gordiano Lupi
attraverso due pubblicazioni:

Gordiano Lupi
Almeno il pane, Fidel.
Cuba quotidiana nel periodo speciale
(Stampa Alternativa)

Alejandro Torreguitart Ruiz
Adiós Fidel. All’Avana senza un cazzo da fare
(Edizioni A. Car. s.r.l., 2008)
Ben ritrovati,
buon autunno.

domenica 13 luglio 2008

Arrivederci a settembre

Questo blog fa pausa per un po'.
Si prende il tempo di vivere e restare dentro le cose, senza l'urgenza di rielaborare.
Si prende il gusto della lettura senza secondi fini. Per il solo gusto di leggere.
Si prende la quiete necessaria a far nascere quel che matura sottoterra.
Si prende l'ebbrezza di annegare nell'azzurro e nel verde.
Si prende il lusso del silenzio.
Buona estate. Ci rivediamo in settembre.

sabato 12 luglio 2008

Historica - Il foglio letterario n. 2: un articolo su Carlo Pastorino



E' uscito il secondo numero in formato cartaceo della rivista Historica - Il foglio letterario.
Questa volta contiene un articolo su Carlo Pastorino, scrittore dimenticato che con la trilogia "La prova del fuoco", "La prova della fame", "A fuoco spento" ha saputo narrare in modo asciutto e incisivo cosa sia stata la Grande Guerra.
Vi anticipo parte dell'articolo:

Sul Corno di Vallarsa: la Grande Guerra secondo Carlo Pastorino.

Ho fra le mani un libro ormai introvabile. E’ “La prova del fuoco”, di Carlo Pastorino, ed. Bastogi, 1982. Le pagine di quell’inconfondibile gradazione giallo avorio vecchio che viene dal contatto con molte mani ripetuto nel corso del tempo. Non più odoroso di stampa, ma di scaffale. Un libro dimenticato.
Perché sono andata a scovare proprio questo, fra i molti volumi che coprono i muri di questa stanza?
Il fatto è che da qualche giorno ho la sensazione di camminare in mezzo a una folla silenziosa, anche quando sono del tutto sola. Calco i piedi su questa terra che la primavera ha illuminato di verde e fiorito di crochi, e sento con forza la presenza di chi qui ha passato i suoi giorni prima di me.
Mi trovo in Vallarsa, la conca che sta racchiusa fra il massiccio del Pasubio e quello del Carega. Una piccola valle, così breve che la si può abbracciare tutta con lo sguardo, da cima a fondo. Pochi abitanti, una manciata di case spruzzate sui suoi fianchi irsuti di boschi e di cuscini di erica. Pochissimo traffico. Molto silenzio.
E così, la mattina, in piedi sulla sommità della collina, sotto i pinnacoli bianchissimi delle Piccole Dolomiti che sembrano così vicini da poterli toccare con le dita, e spaziando con gli occhi per tutta questa terra verde che si distende chiara ai miei piedi, faccio davvero fatica a credere che qui si siano combattute alcune fra le battaglie più feroci della Prima Guerra Mondiale.
Guardo il colle del Parmesan, laggiù, a poche centinaia di metri da me. Un panettone dalle forme morbide e materne, tutto lucente di erba tenera e di foglioline nuove, e devo fare uno sforzo per ricordarmi che lì, fra l’8 e il 12 giugno del 1916, sono morti duemila soldati. Duemila uomini, in soli quattro giorni. Invano, perché l’assalto italiano non mosse le posizioni nemiche che di pochi futili metri.
Poco lontano c’è quello che la gente del posto chiama “il prato dei bottoni”. Il corpi si sono sciolti nella terra, e di loro solo questo è rimasto. Bottoni.
E così potrei proseguire all’infinito. Perché qui ogni anfratto, ogni rotondità, ogni cresta, ogni vallone raduna muto i suoi morti. Decine di migliaia. C’è chi dice centomila. Tutti racchiusi in questo piccolo catino verde.
Ecco perché ho fra le mani il libro di Pastorino. Lui c’era, qui, allora. Ha visto. Ha vissuto. E’ rimasto per mesi tenacemente aggrappato a queste rocce “come le rondini ai cornicioni di una casa”, per usare parole sue. E nonostante quello che ha attraversato sia esperienza da togliere il sonno e la ragione, riesce a restituircene un racconto limpido e asciutto. Commosso, spesso. Ma anche estremamente lucido, e capace, nel resoconto nudo dei fatti di guerra, di raggiungere una cruda e essenziale concretezza che ci mette l’orrore ben chiaro davanti agli occhi. “Scagnetti portò una gravina. Presi io la gravina e scavai nello spiazzo sul quale era la tenda. La punta acuminata penetrò in qualche cosa di molle, e un non so che di liquido schizzò su. E col liquido ci investì un orribile fetore. Scagnetti si allontanò, inorridito. – E’ un morto! – gridò, poi, a distanza. Era un nemico. Povero nemico! E io avevo dormito, la notte, sopra di lui. Ora lo ricoprimmo ben bene, con molta terra, e la tenda fu trasportata più in là.”Così è Pastorino. Senza veli. Senza artifici retorici. Rivelatore, in questo, della sua matrice contadina, non guastata nella sua concretezza dagli studi letterari terminati poco prima che la storia lo precipitasse qui, sugli orli scoscesi di queste rocce. Verso la retorica continuerà a nutrire, del resto, una desolata avversione. Troppo atroce l’evidenza di quel che gli sta sotto gli occhi, per poter sopportare le parole di chi la vela e la imbelletta...

Chi avesse voglia di leggere l'articolo per intero lo trova qui, oppure in formato cartaceo, acquistabile presso la segreteria della rivista: info@historicaweb.com

il racconto "Le perle di resina" in "Lungo la strada"



Esce in questi giorni l'antologia di racconti "Lungo la strada", ed. Il Foglio di Gordiano Lupi, voluta dal direttore Francesco Giubilei per festeggiare il primo anno della rivista "Historica", ora alla sua seconda uscita in formato cartaceo.
"Lungo la strada" raccoglie alcuni racconti selezionati attraverso un concorso, e i migliori racconti pubblicati sui numeri precedenti di Historica.
All'interno dell'antologia si trova anche un mio racconto, "Le perle di resina".
Ve ne anticipo uno stralcio:


LE PERLE DI RESINA

Il liquido è fresco. Va giù per la gola liscio e robusto.
Amelia ne inghiotte un sorso.
Guarda suo fratello che parla con il padrone della cantina. E' seduto vicino a lei, nell'aria buia e calda.
Non è caldo come fuori, questo no. Però è caldo anche qui. Fa piacere avere davanti il bicchiere col vino bianco e fresco che appanna il vetro.
Ne ha tre di bicchieri davanti. Due di bianco e uno di un rosso tiepido e morbido, che riempie la bocca, scende senza sforzo nella gola e mentre inghiotti riempie le narici di aroma.
Prende un altro sorso, poi tiene in mano il bicchiere. Le piace sentire il piccolo globo liscio e freddo contro i palmi delle mani.
Rivolge la sua attenzione verso il fratello. E' tanto tempo che non lo vede.
"Le faccio assaggiare anche il Tebro" dice il cantiniere.
"Che cos'è? Non l'ho mai sentito."
Il fratello ha appoggiato i gomiti al banco di acciaio. Ha i capelli più corti. Sembrano anche più scuri.
"E' una nostra esclusiva. Lo facciamo solo noi. E' un vino scuro, quasi nero, molto forte e aromatico. Lo provi."
Il cantiniere versa in un altro calice un vino denso e molto scuro.
"Non è nemmeno trasparente" dice Amelia, guardando attraverso mentre il fratello beve.
Allunga la mano.
"Fammi assaggiare."
"No, aspetti. Do un bicchiere anche a lei." Il cantiniere ha già allungato un altro calice nella sua direzione.
"No, per piacere" dice Amelia ridendo. "Già cos avrò dei problemi a raggiungere la porta." Si sente avvolta da un'ovatta morbida e piacevole.
"Lo prenda."
Il cantiniere la guarda sorridendo, col calice proteso verso di lei.
"No, grazie. Assaggio da questo."
E' davvero molto forte e aromatico. Scuro e forte.
"Che sapore intenso."
"Sa di tannino" dice il fratello. "E del legno in cui è invecchiato."
"E' un vino che deve invecchiare a lungo. E' un parente del Teroldego, ma ancora più forte di gradazione."
Il cantiniere ha una bella faccia da valligiano. Una di quelle facce lunghe, scavate sulle guance, con gli occhi chiari e intelligenti. Io appartengo a queste valli pensa Amelia con soddisfazione. Sono nata qui, appartengo a questi posti. Prende un altro sorso e lo passa cautamente sulla lingua prima di inghiottirlo.
"E' proprio buono" dice.
"La cantina l'ha fondata mio padre all'inizio del secolo. E' quello lì nella foto."
"Volevo chiederglielo. Avevo notato la somiglianza."
Amelia guarda la foto appesa al muro. E' un vecchio con l'aria antica, coi baffi come si usavano all'inizio del secolo, seduto su una sedia in mezzo a un prato. Ha un bastone in mano e l'aria seria. Accigliata.
"Era un soldato dell'Austria, un Kaiser Jaeger. Non si era mai adattato al passaggio sotto l'Italia."
"Davvero, le assomiglia in modo impressionante."
"Per forza non si è adattato" dice il fratello. "Le regole erano tutte diverse. E' cambiato tutto."
"Lui non l'ha mai accettato."

"Era bello lì."
La macchina viaggia sotto il sole. I finestrini sono spalancati e entra aria calda.
"Sì, era bello" dice il fratello. "Non pensavo che sarebbe stato così. Credevo che ci attirasse perché voleva venderci del vino. Invece voleva davvero chiacchierare."
"Sì, voleva chiacchierare. E' stato bello." Sospira. "E' strano. E' stato proprio qualcosa di fuori dal normale."
Il fratello guida con calma. Le sembra abbastanza sicuro. Io non potrei guidare adesso, sono troppo ubriaca.
"Sono completamente ubriaca" dice. Il fratello ride.
"Pensa se ci facessero adesso la prova del palloncino."
Ridono.
Amelia si ricorda del braccialetto. Fruga nella borsa di paglia e lo trova.
Lo alza.
Lo guarda controluce con gli occhi socchiusi. Lo lascia scintillare al sole.
Il sole passa attraverso le grosse perle trasparenti, e fa scintillare la resina. Le grosse perle di resina lisce e ovali. Le perle lisce e trasparenti.
Luccica.
I colori sono ancora più violenti, col sole che passa attraverso.
"Guarda che bello. Ti piace?" dice allacciandoselo al polso destro e facendolo oscillare davanti agli occhi del fratello.
"Sì, è bello."
"E' un po' esagerato, ma mi piace tanto."
Lo guarda luccicare.
"Che peccato" dice il fratello.
"Che cosa?"
"Essere fuori. Non appartenere più a tutto questo. E' un peccato."
"Perché essere fuori?" dice Amelia. "Non sei fuori. Sei dentro. Basta volerlo." Le perle di resina luccicano e la pelle è abbronzata. Amelia si sistema meglio nel sedile con un sospiro.
La macchina viaggia nella strada stretta fra le vigne. Le foglie sono fitte, verde scuro. A destra il terreno è in discesa e si vede la città, a fondovalle.
"Guarda che bel cimitero" dice il fratello.
Amelia ride.
"No, è bello davvero. Guarda."
Amelia lo guarda passare alla sua destra. E' un cimitero molto piccolo, circondato da un alto muro di sassi nudi. Dentro ci sono dei cipressi altissimi e neri, con le chiome larghe che si toccano. Sono tanti, e seguono il perimetro del muro. Sembrano troppo alti e troppo grandi per quel piccolo cimitero. E' buio in mezzo alla luce del pomeriggio.
"Sai, a volte mi sento un'infiltrata."
Chiude gli occhi e si appoggia allo schienale con la testa rovesciata all'indietro. Sta molto bene.
"Forse è per il tuo modo di osservare le cose."
"E' come se fossi dentro le cose e ne facessi parte, però è come se non appartenessi del tutto a quello che faccio. E' come se fossi lì per guardare."
"E' il tuo modo di osservare."
"E' come se avessi sempre l'impressione di una via di fuga nascosta, di poter scappare quando voglio."
Sente di poter scappare quando vuole ma non vuole scappare. Le piace questo momento. E' una bella sensazione. Chissà quanto durerà. E' il vino. Di sicuro.
Adesso sono arrivati a fondovalle. C'è traffico. L'aria è torbida...
Maggiori informazioni le troverete qui.
Il libro si può acquistare presso l'editore, oppure su IBS, o su 365Bookmark.

martedì 8 luglio 2008

Martinelli: Dalla vita di un jobrero



Oggi parlo dell'ultimo libro di Mario Martinelli, "Dalla vita di un Jobrero", ed. La Grafica.
Ne parlo su Giornale Sentire, il bel portale di Corona Perer, giunto fra l'altro in questi giorni alla sua terza uscita in formato cartaceo.
Chi abbia voglia di leggere l'articolo-intervista su Martinelli e il suo nuovo libro, lo può trovare qui.

lunedì 7 luglio 2008

11 luglio, Antonella Lattanzi a Polignano a Mare

NEWTON COMPTON EDITORI

COMUNICATO STAMPA

Venerdì 11 Luglio ore 21,00
nell'ambito del festival letterario
IL LIBRO POSSIBILE
organizzato dall'Associazione Culturale Artes e dal Presidio del Libro "Cartesio"

ANTONELLA LATTANZI

Presenterà i suoi
Guida insolita ai misteri, ai segreti,
alle leggende e alle curiosità della Puglia
e
Leggende e racconti popolari della Puglia
con slideshow di fotografie sulla Puglia dello scrittore, giornalista e fotografo
Michele Traversa
ore 21 in Via Mulini - Polignano a Mare (Ba)