mercoledì 19 settembre 2007

Cercando la chiave

Lavoro con lui quest’anno.
Sarà il mio compito. Il fuoco delle mie giornate.
Si chiama Riccardo. E’ piccolo, biondo e riccio. Piccolo davvero. Sette anni.
Sarà il mio allenatore, lui, quest’anno. Il mio maestro.
L’ho capito il primo giorno che ci siamo conosciuti. Io che vengo da anni di insegnamento, e che penso di avere dell’esperienza.
E lui, che mi sta di fronte e è. E’ al suo modo unico e senza possibilità di previsione. E’ in quel suo modo strano e sorprendentemente limpido e senza etichette da poterci appendere. E’, ogni giorno, sconcertante. E se provi un giorno a dare per scontate le cose che il giorno prima sembravano ovvie, lui ti insegna che non c’è niente di scontato.
Con gli anni ti fai l’esperienza. Conosci trucchi, e sai che funzionano. Sai che ci sono dei passaggi che puoi permetterti di saltare. I bambini ci arrivano. Tu sai come prenderli, e loro si lasciano prendere.
Non c’è scorciatoia con Riccardo. Niente trucchi. Niente cliché. Lui ti mette spalle al muro. E se vuoi trovare la chiave per aprire quel suo scrigno chiuso, ti devi mettere in cerca di nuovo ogni mattina.
Capita, a volte, che ti lasci a bocca aperta.
Un giorno ha detto grazie.
Così. Senza preavviso.
Un mutismo bianco come il latte, silenzioso e originario come quello di uno scoiattolo. E poi, così, fuori da quei denti e quelle labbra, questa cosa sorprendente. Questo fiore speziato, questa orchidea, questo agglomerato di fonemi complessi, irti e screziati, questo disorientante sconvolgente messaggio. Io ci sono qui dentro. Eccomi qui. Grazie.
Lui c’è lì dentro. Lo so. L’ho visto. Chiuso nel suo scrigno muto lui ti vede e ti capisce.
E io, adesso, ho la responsabilità di cercare la chiave.
Lui mi insegna a non usare scorciatoie.
E io cercherò di non usare trucchi.
Sarò onesta e lineare.
Lui questo vuole.
Ti chiama. Ogni tanto lo scopri con gli occhi che ti guardano fisso. Per un attimo. Pochi momenti. Poi di nuovo scappano, perché per un autistico il contatto degli occhi è troppo. Troppa vicinanza, troppa invasione.
E poi viene, ti si appoggia addosso di schiena, e si strofina tutto, come un orsetto.
Ti chiama.
Trovare, ogni giorno, il modo vero di rispondere.
Questo sono qui a imparare quest’anno.
Riccardo sarà il mio maestro.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

E' bellissimo questo post. Da pelle d'oca. :-)
Riccardo è stato fortunato a incontrare te, quanto tu di incontrare lui, credo.

Fiorenza ha detto...

Riccardo è colui che mi riporta al qui e ora, adesso che le emozioni che vengono dal libro e dal blog tenderebbero a farmi galleggiare in una perenne nebbia tecnologico-logorroica. Lui c'è, è qui, davanti a me, è. Esserci, qui, davanti a lui, diventa molto naturale. Gli sono molto grata di questo.
Un bacio Sabrina, per la tua sensibilità.
Fiorenza

Anonimo ha detto...

carissima Fiorenza ieri ho riascoltato e oggi ho riletto questo pezzo su Riccardo e ho riletto anche "Se perdo la chiave ".... vorrei stamparli x portarli a scuola... penso ci sarebbero molto utili come spunti di riflessione . Anche quì ...ci si ritrova,in un emozione vissuta ma non dichiarata, vissuta ma non condivisa.
Un altro coccio di bottiglia in cui ci si riflette .Un altro pezzo di vita in cui ci si riconosce. ciao

Fiorenza ha detto...

Cara Mariagrazia. Tu sai. Lavori con i bambini tutti i giorni. Sai cos'è cercare di accompagnarli senza tradirli. La responsabilità che comporta. La fatica, ma anche la bellezza, che implica.
Un abbraccio Mariagrazia. Buon lavoro.
Buona vita.