domenica 7 ottobre 2007

Il grazie. E la responsabilità.


Timidezza, dicevo.
E senso di responsabilità.
Ne ho parlato a proposito della recensione di Gianfranco Franchi. Ma anche nel resoconto degli articoli di Barbara Gozzi e Sabrina Campolongo. Ed è la stessa sensazione provata leggendo la recensione di Nunzio Festa.
E’ la sensazione che provo a esser letta.
In effetti sono giorni che medito sulla faccenda. E le parole attente, colte, intelligenti, profonde, che i quattro scrittori hanno voluto restituire dopo la lettura del mio piccolo libro hanno avuto l’effetto di focalizzare il mio sguardo. Di costringermi, in qualche modo, a guardare quel che mi si agita dentro.
Come cambia il mio rapporto con la scrittura ora che ho pubblicato.
E, ancor di più, come cambia il mio rapporto con la scrittura scrivendo sul web.
Diciamo che, sostanzialmente, è una questione di esposizione.
Io ho sempre scritto. Per necessità. La scrittura è stata a lungo la mia medicina. L’unico modo che conoscevo per restare viva.
Ora non è più così. Per fortuna. Ora sono viva. A prescindere.
Ma la scrittura resta comunque nel campo delle cose necessarie.
Ho sempre sentito il mio rapporto con la scrittura come connesso col togliere più che con l’aggiungere. Col lacerare veli più che con il coprire di decorazioni. Stilistiche o culturali che fossero. Come meta la nudità. Magari scomoda, e conturbante. Ma sincera.
Ora, avere dei lettori sento che in qualche modo mi mette alla prova.
Intendiamoci, non perché non voglia essere letta. Ah no, tutt’altro. Ogni scrittore scrive nella speranza di essere letto, prima o poi.
No, è un mio problema. Interiore. Quello che sento a rischio è la posizione in cui io mi trovo in relazione alla scrittura.
Sono sempre stata nuda, fin qui, mentre scrivevo.
E ora? Sarò capace di continuare a esserlo, sotto gli occhi dei lettori?
Il web è paradigmatico, da questo punto di vista. Un blog nasce, cresce e vive espressamente per esser visitato quotidianamente. Come resistere alla tentazione di dare ai lettori quello che vogliono? Cercare la cosa di grido, la parola d’ordine del momento, che faccia impennare all’improvviso i contatti della tua pagina?
La responsabilità.
Ecco quello che sentivo, in questi giorni.
Responsabilità nei confronti di chi legge.
Responsabilità di rimanere, come è stato fin qui, nuda.
Responsabilità di non cercare di sedurre il lettore.

E poi il grazie.
Per prima vorrei ringraziare Francesca Mazzucato. Lei che è stata la mia prima lettrice.
Lei che è stata quella che ha fatto accadere le cose.
Francesca colta, energica, onnivora e intelligente. Francesca che davvero smuove acque stagnanti e genera cultura.
E poi vorrei ringraziare Gianluca Ferrara. Che è stato il mio secondo lettore. E che ha fatto diventare questo libro un oggetto concreto. Che c’è, che occupa un suo spazio materiale. Non è una cosa banale. Lo prendo in mano, me lo rigiro, e con meraviglia constato che c’è.
E poi, ma è un poi che ha solo un senso temporale, poi vorrei ringraziare Antonella Lattanzi, che per prima ha mostrato nello specchio il suo sguardo fondo e appassionato. Che ha scritto quella prefazione così intensa, così piena di cuore e di dedizione e di capacità di mimesi profonda, che chiunque legge il libro la sente come una parte integrante, inevitabile, di quel che viene dopo.
Ecco.
E ora, ora vorrei ringraziare tutti quelli che leggono e leggeranno.
Con gratitudine.
Con stupita meravigliata premura verso chi si china sulle mie pagine, e decide di farle sue. Di mescolarle con i suoi respiri, la saliva con cui si bagna l’indice che sfoglia, le paure i ricordi e le illuminazioni che accompagnano le parole che si sgranano sul foglio.
E verso chi si sporge incontro alle pagine di questo blog.
Che responsabilità. Entrare, pian piano, di soppiatto, nella vita di qualcuno.
Cercherò di non dimenticarmene.
Promesso.


6 commenti:

francesca mazzucato ha detto...

Sai che di regola non commento mai i blog - so che sai anche perché- ma questa meravigliosa lettera meritava un segno. Il fatto che, semplicemente, ti scrivessi che ho letto. Che ti misurerai col web, le sue seduzioni e le sue insidie. Che ti misurerai con un rapporto con la scrittura da rinegoziare. Che non sarà sempre facile, o soddisfacente. Che sarà una sfida e una dannazione a volte. Che sarà una delusione, anche. Ma, nel misurarsi- parola che contine radici importanti, misura, e quindi anche equidistanza, parole che ti sono consuete- e nei risultati si vedrà il risultato. Lo so. Un abbraccio

Fiorenza ha detto...

Grazie Francesca.
Per aver letto, prima di tutto. E poi per essere qui. Su questa pagina. Prezioso commento. Che coglie il punto fino in fondo.
So che sai bene di cosa sto parlando. E' una sfida quotidiana, da misurare con la spinta alla fretta, al fare per il fare.
Sì. Misura. Equità. Consapevolezza.
Il che non vuole assolutamente dire smussare, o ammorbidire, o velare. No. Tutt'altro.
Nudità. E sincerità. Fedeltà a se stessi. Qualsiasi sia il risultato.
Come tu fai, ogni giorno.
Un abbraccio. Fortissimo.
Fiorenza

Anonimo ha detto...

E'una sfida, scrivere sapendo che si sarà lette. Lette in fretta, spesso, quasi mai rilette. Che spesso non verremo capite, non per malafede, ma solo perchè non c'è tempo, o la voglia di fermarsi e tornare indietro, e infilarsi sotto la superficie delle parole. Che la gente verrà qui e prenderà, una frase, una parola, un concetto che gli parrà familiare, un qualcosa che potrebbe benissimo parlare di lui o di lei. E ne farà un tutto. Penserà di esserti sorella, oppure potrà trovarti odiosa, solo per una frase, per una parola, per l'unica che ricorderà spegnendo il pc. E' tremendo, se te ne lasci condizionare. Se penserai di scrivere "per", per cercare approvazione, l'approvazione di uno che magari è passato di qua per caso e mai tornerà. Rischia di snaturare, scrittura, passione, te stessa anche, se ti permetti di pensarci anche mentre sei al supermercato, se ti permetti di chiederti "perchè non mi ha capita, in cosa ho sbagliato?"
Lo so, perchè io ho perso del tempo pensandoci (è una delle domande ricorrenti nella mia vita di donna con troppi spifferi, troppi spazi aperti alle insicurezze)e la risposta non c'è quasi mai.
Il bello di blog è che è come un diario, ma è anche come un libro di narrativa, sta lì, nel mezzo tra pubblico e privato. Inevitabile finirci dentro, ma possibile anche prendere le distanze. E'come dire che sapendo che potrai modificare la realtà a tuo piacimento ti puoi permettere di essere spudoratamente sincera, oppure di mentire apertamente, puoi misurare tu la distanza tra ciò che sei e ciò che dirai di te, puoi modificare questa distanza quando ne hai voglia, e questo è il fascino di questo mezzo credo. La sua libertà. La differenza tra questo blog e il bellissimo libro che hai scritto, Fiorenza, è solo nell'immediatezza, della scrittura, dei riscontri, dei commenti. Per il resto è sempre scrittura, il che non dovrebbe spaventarti. :-)

un abbraccio
sabrina

Fiorenza ha detto...

Grazie Sabrina. Interessantissimo commento.
Mi intriga molto quel passo sulla commistione fra narrazione e diario. E' così in effetti. Un blog è un ibrido, una chimera. Sta lì, un po' simile a quei reality dove chi vive la vita di tutti i giorni non può che recitare. Perché sa bene dell'occhio che lo guarda.
E' possibile salvarsi da questo? E come?
Quando parlo di responsabilità, mi riferisco sempre a me stessa. Nel momento in cui le mie parole sono sulla carta, o sulla pagina di un blog, non mi appartengono più. Le ho lasciate andare, le ho messe nelle mani di chi legge. Sapendo fin dall'inizio che potrà farne l'uso che meglio crede.
E' così che deve essere. Il tuo libro potrà essere letto con enorme cura e attenzione, o spilluzzicato e poi abbandonato. E così il blog.
Ma va bene così. Fa parte del gioco. Non è questo che mi preoccupa.
E' la mia nudità che mi preoccupa.
La fedeltà alla mia nudità.

Ti abbraccio forte Sabrina, buona vita!
Fiorenza

Anonimo ha detto...

La nudità spaventa anche me. Ma a volte invece mi elettrizza, mi riempie di una sorta di esalatazione, come il vento che a te (e anche a me) piace tanto, quello che ti soffia nel naso e ti toglie per un attimo il fiato, e fa paura ma allo stesso tempo ti fa sentire leggera, e frizzante, e carica.
E sento che la mia nudità può essere forza, che quando ho levato ogni velo quello che resta sono io , davvero me stessa, e che l’altro pensi di me quello che vuole, alla fine questa sono, e riderei, di me, delle maschere indossate maldestramente, delle paure che mi hanno fatto cercare di essere diversa. Nella vita, ma mai nella scrittura.
La responsabilità è, per me, verso la parola scritta, prima che verso il lettore. Un obbligo di onestà che sento sempre, anche mentre scrivo pagine di diario che so che non mostrerò nessuno. L’obbligo di andare a fondo, di sfuggire le seduzioni facili, di cercare le parole necessarie scartando quelle inutilmente luccicanti, quelle passe-partout, quelle che stanno bene su tutto. Penso che chi vive la scrittura in un certo modo non corra mai seriamente il rischio, se non per gioco, di snaturarsi per “adeguarsi” alle esigenze del lettore.
Ricambio l'abbraccio, e continuerò a leggerti, questo è sicuro. :-)

Fiorenza ha detto...

"La responsabilità è, per me, verso la parola scritta, prima che verso il lettore. Un obbligo di onestà che sento sempre, anche quando scrivo pagine di diario che so che non mostrerò a nessuno" dici nel tuo commento, Sabrina.
Sì. E' così.
E' esattamente questo che intendevo dire.
Fedeltà alle parole. Nudità delle parole.
Nudità verso se stessi, prima di tutto. Evitare di raccontarsi quello che non è.
E poi, tutto questo incarnato nella dedizione alle parole.
Grazie Sabrina. Mi aiuti a capirmi meglio. A sentire qual è la strada buona su cui camminare.
Con grande, grande stima
Fiorenza