lunedì 29 ottobre 2007

E se poi la chiave me la perdo per strada?

E poi è così facile lasciarsi prendere dal cliché.
Basta essere un po’ più stanchi. Un po’ più distratti. Più disponibili a inserire il pilota automatico.
Et voilà. E’ fatta. Te lo sei perso per strada.
O forse non è così. Forse è lui che ha mollato la tua strada. Sente che non è buona, che non è fatta per lui. E se ne va.
E’ successo, la settimana scorsa. Mi sono lasciata prendere dall’ansia del risultato. Dalla necessità (mia) di vedere prodotti. Dal bisogno (mio) di evidenza che lui stia imparando. In fondo sono qui per insegnargli, mi sono detta. Mica per essere la sua compagna di giochi. Non devo fargli perdere preziose occasioni di apprendimento.
Tutto molto vero.
Sono qui per insegnargli.
Ma così ragionando ho perso di vista lui.
Ho incominciato a puntare al prodotto (dev’essere una deformazione di questi giorni. Sono sempre lì che penso a produrre. Insegnami Riccardo. Mostrami la via per tornare al nocciolo), a spingerlo a finire anche quando lui non ne aveva più voglia.
E giovedì, finalmente, gli sono girate le palle.
Era ora.
Ho passato il fine settimana a meditare.
E oggi ho ricominciato dal punto zero.
Da lui. E da me.
Dalla relazione.
L’ho visto guardarmi negli occhi. E cercarmi la mano, in fila, dopo la ricreazione. E, prima di entrare in classe, fermarsi per un attimo a strofinarmi addosso la schiena come un piccolo orso.
Finalmente, cacchio, sei tornata. Cosa ci voleva a capire?

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